http://nuke.nonsoloaudiofili.com – Irene Veneziano – Folias de España! (Ottobre 2015)

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Irene Veneziano – Folias de España!

 

Approdata alla sua ottava prova discografica da solista, senza dimenticare la collaborazione in duo con Davide Alogna e la partecipazione al CD della Società Umanitaria, Irene Veneziano con questo “Folias de España!” mostra di essere ben instradata verso una piena maturità artistica. Dalle esibizioni in concerto come dalle registrazioni in studio, senza trascurare qualche significativo assaggio su You Tube, oggi riceviamo la netta sensazione di trovarci di fronte a un’artista in grado di dominare pienamente la tastiera, ormai definitivamente lontana da ogni traccia di scolasticità avendo conquistato un livello di grande raffinatezza interpretativa.
L’album contiene brani registrati dai due concerti del 30 e 31 maggio 2015 a Ischia “Giardini La Mortella”, splendido parco mediterraneo e subtropicale considerato uno dei più bei giardini privati italiani. Questo album si presenta come un bel compendio di musica spagnola, racchiudente in nove tracce il fascino di una terra immortalata da compositori come Granados, Albéniz e anche Franz Liszt, che tanto ne amò i colori rievocandoli nella Rhapsodie Espagnole. Un album che attrae sin dalla copertina e da un titolo che promette molto, ispirato alla Folia, antico tema musicale portoghese risalente al tardo Medioevo. Preso alla lettera il termine “Folia” significa “baldoria”, trasposto nel lessico musicale sta a indicare un tipo di danza popolare contraddistinta da quella grande vivacità tipica delle feste popolari. Tra il XV e il XVI secolo entrò a far parte del repertorio di corte ma il suo carattere mutò assumendo un’indole opposta, solenne e maestosa. Ed è proprio sotto questa forma che in Europa il tema divenne successivamente spunto per variazioni strumentali di grande virtuosismo, a volte estremo. Basti pensare a cosa Liszt fu in grado di tirar fuori proprio nella sua Rhapsodie Espagnole S. 254.

Va da sé che per dipingere una così marezzata tavolozza di tinte occorre un talento pianistico di prim’ordine, un esecutore che ha nelle sue corde l’eleganza di tocco e stile necessaria per suonare una musica tanto flessuosa e vitalistica. La pianista di Sesto Calende in questa registrazione dimostra di essere perfettamente riuscita nel cimento, si muove con disinvoltura nel denso magma di note, padroneggia con sicurezza moti espressivi ora impetuosi ora delicatamente screziati, talvolta sognanti, sempre guidata da un gusto infallibile. Ecco allora che lo charme iberico di cui queste composizioni sono intrise trapela da ogni nota, nulla è lasciato al caso ma ogni frase viene cesellata assecondando lo stato d’animo che vuole comunicare, priva di ogni pur minima traccia di rigidità. Negli Ochos Valses Poeticos traspare una concezione di danza improntata alla sensualità, fatta di sospiri e di palpiti improvvisi sapientemente resi accattivanti da una sottile gestione dell’agogica e da una lodevole cura del tocco. In realtà si tratta di valzer dal carattere cangiante, dal climax ben diversificato dove l’incipit è affidato a un preludio gioioso, scintillante negli arabeschi di sestine a partire dalla quindicesima misura. Il primo valzer ha un carattere dolcemente melodico che Irene Veneziano affronta con un’incantevole cantabilità di stampo “operistico”, fatta di sospiri quasi impercettibili e magicamente sospesi nel tempo. Il secondo “Tempo de valse noble” è forse il più “viennese” degli otto, seguito da uno mesto e lento, dove affiora una delicatissima trama intimistica.

Nel quarto “Allegro umoristico” si ritorna alla vivacità iniziale del preludio e nel quinto ancora una rimembranza di quella squisita viennesità che Granados riesce a fondere così bene con il carattere ispanico che gli è proprio. Gli Ochos Valses vivono il loro tempo in un’alternanza di stati d’animo dall’incedere circolare, quasi a richiamare il ritmo ternario di danza del valzer. Tenerissimo si presenta il sesto, simbolo della predilezione dell’autore per le atmosfere rarefatte che caratterizzano i suoi tempi lenti. Impetuoso il settimo valzer “Vivo” che scuote l’ascoltatore dall’incanto in cui era immerso con un’imperiosa serie di crome discendenti, una cascata di note che conduce alla perentoria serie di crome ascendenti che culmina con due secche semiminime in sforzando. Qui brillantezza ed estro la fanno da padrone, in una sorta di alter ego con le parti più meditative che la nostra pianista non ha alcuna difficoltà a rincorrere, sempre pronta com’è a passare repentinamente da una distesa cantabilità allo scatto nervoso. Riesce a farlo con meravigliosa duttilità, tutta femminile mi verrebbe da dire… Termina la composizione l’ottavo e ultimo valzer, il quale parte con un brillantissimo “Presto”, paragonabile allo spettacolare esplodere dei fuochi d’artificio, subito seguita da quel “Tempo de valse” già incontrato nel melodioso primo ma che qui assume le sembianze di un’elegiaca chiosa. Nello sfavillante Allegro De Concierto si dà modo al solista di sfoggiare le sue capacità di virtuoso, qui la nostra interprete convince con una scioltezza notevole che non si riduce però a mero esercizio meccanico, ma conserva sempre una superba musicalità.

Lo spazio dedicato a Enrique Granados termina con la Balada “El Amor Y La Muerte”, quinto quadro tratto dalla celeberrima suite per pianoforte Goyescas del 1911, ispirata da alcune pitture del grande Francisco José de Goya. Si tratta di un brano piuttosto complesso nella sua articolazione e che impegna non poco l’esecutore, chiamato a dare una visione omogenea nell’ambito di un variegato e sinuoso fraseggio, il grado di concentrazione deve sempre rimanere alto per fugare il rischio di cali di tensione, sempre in agguato in una composizione come questa. La lettura di Irene Veneziano è densa, tenebrosa. Siamo molto distanti dalla spensierata leggerezza degli otto valzer di Granados, qui si deve affrontare un clima sofferto e teso sino allo spasimo, dove si fondono i sentimenti dell’amore e della morte. Il popolarissimo Asturias di Isaac Albéniz è uno dei quegli “evergreen” suonato in tutte le salse e da ogni possibile strumento, purtroppo anche da esecutori che talvolta hanno abusato di lui piegandolo alle voglie più sfrenatamente esibizionistiche. La nostra Irene no, da musicista seria non incappa nell’errore di adottare tempi furenti o parossistici, la sua lettura è tersa, rigorosa, lascia respirare una composizione che ha nell’ineffabile colore timbrico del flamenco andaluso il suo punto di forza.
Il lavoro di scavo interpretativo la porta a cogliere con sensibilità i seducenti tratti picareschi della Suite Española, composta in origine di quattro parti (Granada, Cataluña, Sevilla e Cuba), descrittive delle diverse regioni spagnole con i loro rispettivi stili musicali. L’editore Hofmeister però la pubblicò dopo la morte di Albéniz aggiungendo altri quattro brani che, tra l’altro, variano da edizione a edizione. Nei suoi concerti Irene saggiamente opta per la versione originale di soli quattro brani, presentando Asturias come a se stante.

Un virtuosismo cristallino caratterizza la nona e ultima traccia di questo bellissimo album: la Rhapsodie Espagnole, composizione ispirata dal viaggio di Liszt in Spagna e Portogallo nel 1845 e che richiama in maniera molto suggestiva la musica tradizionale spagnola. Tecnicamente, come moltissimi brani del grande compositore ungherese, contiene delle autentiche sfide che impegnano il solista sino allo spasimo. Irene affronta questa pagina con rara destrezza, in particolare i veloci vortici di note sono resi con una strabiliante uguaglianza. Nessun passaggio sporco o impreciso compromette il fascino tutto speciale delle funamboliche variazioni sulla Folia e Jota Aragonesa, due danze in contrapposizione: lenta la prima e veloce la seconda. Adamantino è il trascolorare da una all’altra. E’ un dato di fatto che va sottolineato, tanto più che questa è una registrazione “live”, priva quindi della rete di protezione fornita da posticci interventi di editing. In “Folias de España!” affiora la valenza artistica di un’interprete non comune, in grado di intercalare con sapienza episodi agitati con altri di distesa cantabilità. Nei momenti di più alta tensione drammatica mostra un piglio invidiabilmente incisivo, s’inerpica con apparente nonchalance su ardue impervietà tecniche, sempre risoluta. Con questa recente fatica discografica Irene Veneziano conferma ancora una volta di possedere una caratura tecnica che gli consente di affrontare con sicurezza qualsiasi brano. Mai impensierita dal “meccanismo”, può concentrarsi agevolmente sull’espressione.

Si tratta di un CD in definitiva godibilissimo, alimentato dalla freschezza interpretativa di un’artista molto giovane ma già da tempo conosciuta nel firmamento del concertismo internazionale.
Buona la qualità della registrazione live, non particolarmente ariosa ma dinamica e quasi del tutto priva di disturbi provenienti dal pubblico.

Alfredo Di Pietro

Ottobre 2015